Benessere e bellessere: così il domani di carni e salumi

Delineare le prospettive evolutive del consumo della carne e dei salumi è una sfida difficile. Molte variabili intervengono a modificare il corso degli eventi: economiche, demografiche, ambientali, climatiche, tecnologiche. In questa sede concentreremo l’attenzione sulla dimensione culturale: cosa sta cambiando in quell’insieme di conoscenze, opinioni, atteggiamenti, pratiche, che indichiamo con il termine di cultura? E questi cambiamenti come sono destinati a influenzare i consumi?

Per orientarci nelle trasformazioni in atto dobbiamo partire dalle coordinate più generali del cambiamento, per poi scendere a inquadrare alcune derivate specifiche, di particolare rilievo per il fenomeno in analisi. I due concetti più importanti per capire le evoluzioni in atto sono quelli di potenziamento dell’uomo e di socialità come connettività.

Potenziamento dell’uomo

Per alcuni decenni la cultura di consumo, nel nostro Paese e in tutto l’Occidente, ha avuto come proprio focus la conservazione della vita, minacciata dall’industrializzazione, dall’urbanizzazione, dalla globalizzazione e da tutto ciò che alcuni considerano gli eccessi della modernità. Molti aspetti della vita sono stati considerati a rischio, in un crescendo che non ha risparmiato nulla: le specie viventi, l’ambiente naturale, il paesaggio, le risorse energetiche, le culture e le economie locali, l’eredità genetica, il clima, l’uomo stesso. La crisi ambientale aveva un solo responsabile, l’uomo, e gli strumenti erano frutto del suo ingegno e della sua brama.

Biologico, no Ogm, biodiversità, Slow Food, Km zero, equosolidale, veg, free-from, cruelty-free: sono altrettante forme di resistenza della cultura della conservazione, che sono diventate sensibilità diffusa fra i consumatori e che, anche se non si sono tradotte in pratiche generalizzate, hanno però plasmato la domanda di consumo. Oggi siamo entrati in una fase nuova, nella quale la cultura della conservazione non basta più. A partire dai giovani e dai segmenti più evoluti della popolazione, l’uomo del nuovo secolo, oltre a salvare il mondo, vuole migliorare la propria vita, renderla più ricca e più felice.

E, per fare questo, la strada non è la decrescita ma il potenziamento.Potenziamento dell’uomo in sé: essere in salute, vivere a lungo, essere in forma, dare e ricevere affetto, avere una vita ricca di esperienze; potenziamento nel tempo e nello spazio: vivere l’oggi (tempo) e accedere al mondo intero attraverso il digitale e la rivoluzione dei trasporti; potenziamento nella relazione con le cose: accedere a più beni senza possederli e, infine, potenziamento nella relazione con gli altri: più relazioni e meno gerarchia.

Le grandi leve di questo potenziamento sono la scienza e la tecnologia. La scienza come retroterra di conoscenze che alimenta le aspirazioni individuali, la tecnologia come fucina dell’artificiale che popola le nostre vite. È in atto un ripensamento di naturale e artificiale. Da una parte una natura non più madre, benevola e a volte terribile, a cui affidarsi e conformarsi, ma casa in cui vivere in modo consapevole e rispettoso, ma anche da trasformare in funzione delle esigenze umane.

La tecnologia non è più strumento di asservimento e di distruzione, ma risorsa dolce -si pensi al vissuto del digitale o dell’energia rinnovabile rispetto alle tecnologie pesanti tradizionali (chimica, siderurgica, petrolifera, ecc.)- utile a porre rimedio ai difetti della natura e forse addirittura a guarirla dai disastri umani.

Il secondo vettore della trasformazione riguarda il rapporto con gli altri.

La vita umana sta diventando più aperta alle relazioni e allo scambio, e meno guidata dalle appartenenze (famiglia, comunità di provenienza, azienda per tutta la vita). Grazie alla tecnologia, possiamo entrare in contatto con un numero crescente di persone, sia nelle comunità in cui viviamo, sia nel mondo. E queste nuove connessioni alimentano le nostre opportunità di potenziamento: occasioni di lavoro, amicizie, affetti, passioni comuni, scambio di informazioni e di conoscenze, momenti di esperienza e anche di conflitto.

In questa prospettiva ognuno di noi diventa più sociale, non nel senso di condividere una visione di società futura o coltivare la solidarietà con chi ha meno (questa è la nozione di sociale prevalente fino a qualche anno fa), ma nel senso di connesso con altre vite, di cui raccogliamo le esperienze e le storie, e che elaboriamo come parte del nostro patrimonio personale. Non siamo più solo la nostra storia ma anche la storia degli altri. Le modalità e i contenuti di questa nuova connessione diventano una componente stabile della nostra vita e ne influenzano l’evoluzione in ogni aspetto, a cominciare dal consumo.

Scendiamo ora dal punto panoramico che abbiamo scelto per mostrare la trasformazione e cerchiamo di capire come i movimenti tellurici in atto nella cultura posso influenzare il futuro della carne e dei salumi.

Sul fronte del potenziamento i vettori di cambiamento dei consumi alimentari sono almeno due: la ricerca della salute, nel senso di preferire ciò che garantisce le migliori condizioni di salute; il risparmio di tempo, come propensione a scegliere comportamenti di consumo che, senza mettere a rischio l’obiettivo primario salute, consentono di risparmiare tempo e di dedicarsi agli aspetti più gratificanti della vita.

È cambiata la nozione di salute: fino a ieri indicava l’assenza di malattia, oggi ha iniziato a includere altri concetti, come benessere e “bellessere”.

Anche la nozione di sicurezza si arricchisce di nuovi attributi. Se fino a ieri essa indicava l’esclusione di ciò che può nuocere (i residui dei processi di coltivazione, di allevamento degli animali, di trasformazione e di conservazione della carne e dei salumi) in futuro indicherà sempre più ciò che supporta.

Vale a dire, un equilibrio ottimale dell’organismo, che prelude al mantenimento del migliore stato di salute nel lungo termine, con la prospettiva della longevità; il benessere fisico, nel senso di sentirsi bene dopo il consumo; la prestazionalità, nel senso di essere all’altezza di una società che richiede standard di performance sempre più elevati, in termini fisici, psicologici, energetici, estetici.

Una seconda domanda importante nella prospettiva della salute riguarda le caratteristiche nutrizionali della carne e dei salumi. Il concetto chiave è quello di leggerezza. Si cerca di consumare prevalentemente alimenti leggeri. Quasi il 70% degli italiani cerca di conformare la propria alimentazione all’ideale della leggerezza.

Il contributo della leggerezza alla salute è multi-dimensionale. In parte, come attestano i report Fao, c’è un oggettivo legame tra limitato consumo di grassi e zuccheri e migliori condizioni di salute. In parte la centralità della leggerezza risente di un generale valore positivo che la sottrazione di peso ha assunto in diversi ambiti della nostra vita: zero gravity, dematerializzazione, riduzione dell’impatto, ricerca dell’essenzialità.

A livello alimentare l’ideale regolativo della leggerezza è diffuso trasversalmente tra la popolazione. Quasi la metà dei più giovani e degli adulti fino ai 54 anni vi aderisce. Tuttavia, sono i più maturi ad avere introiettato maggiormente uno stile alimentare volto alla leggerezza. Il 66% degli over 55 consuma prevalentemente alimenti leggeri.

Si potrebbe pensare che l’adozione di uno stile alimentare più leggero tra i maturi sia in qualche modo ovvio e dipenda da maggiori difficoltà di digestione legate all’età. Questo tuttavia non trova riscontro nei dati: i 55-74enni che hanno problemi a digerire alimenti troppo pesanti sono il 44%, un dato leggermente inferiore a quello dei più giovani (48%). La nostra ipotesi è che adottare uno stile di alimentazione conforme al criterio di leggerezza non dipenda da limitazioni biologiche dovute all’età, ma sia un fatto culturale.

È passato il messaggio che per migliorare la propria salute, il proprio benessere e le proprie performance bisogna stare leggeri. Più si considera importante migliorare il proprio stile di vita, più si sta leggeri. Se guardiamo ai dati troviamo conferma a questa ipotesi: migliorare la propria salute e il proprio stile di vita è un desiderio diffuso trasversalmente (lo considera molto importante quasi metà). I più maturi mostrano verso questo tema una sensibilità maggiore rispetto ai più giovani (+11%)

Perché è importante il discorso sulla leggerezza? Perché ridurre il consumo di alimenti di origine animale, e quindi ridurre il consumo di carne e salumi, è anche una risposta alle istanze di leggerezza.

Circa il 42% delle persone afferma che sta cercando di diminuire il consumo di prodotti di origine animale. Tra le persone attente alla leggerezza il dato sale al 56% con un delta di +14%. Anche in questo caso sono i più maturi il segmento con percentuali più alte. Quasi la metà degli over 55 sta cercando di diminuire il consumo di prodotti animali, a fronte del 34% dei più giovani.

Per spiegare la riduzione nei consumi di carne e salumi si fa riferimento normalmente all’affermazione di nuovi stili alimentari (veg e via di seguito) e al declino del potere d’acquisto delle famiglie. I portatori di queste istanze sono tipicamente giovani.

Carne e salumi depurati

Un riflesso della pacificazione in atto fra natura e tecnologia nella cultura di massa è il superamento del criterio della naturalità / genuinità come parametro aureo nella valutazione della salubrità di un alimento. Un alimento può essere naturale ma non salutare e viceversa. È una convinzione ormai di molti. Tale è, ad esempio, il grasso nella carne e nei salumi: i dietologi consigliano di eliminarlo al momento del consumo ma l’offerta commerciale non ne ha tenuto conto. In altri Paesi europei, meno conservatori del nostro, il grasso è ormai scomparso dalla carne in vendita nei banchi dei supermercati. Lo sviluppo di un’offerta di carni e salumi fat-free è una previsione facile e sarà accompagnata da carni e salumi trasformati (depurati, arricchiti, alterati) con l’obiettivo di massimizzare la nostra salute e il nostro benessere.

La reazione del food-to-go

Questa rivoluzione in atto ha già indotto la proliferazione nelle città italiane di locali di ristorazione low-cost, in grado di supportare il bisogno di alimentarsi a qualunque ora del giorno con un budget contenuto, non troppo superiore a quello di un pasto in casa. I supermercati hanno reagito con il food-to-go per catturare almeno l’utenza che consuma sul luogo di lavoro o all’aperto.

Il versante più insidioso

La nocività è il versante più insidioso: in pochi decenni la carne si è trasformata da alimento raccomandato per l’infanzia a una delle principali minacce per la salute pubblica. La reazione era inevitabile: una riduzione graduale e sistematica dei consumi, che continuerà in prospettiva nei tempi a venire. Il calo verosimilmente si arresterà quando la filiera sarà in grado di garantire la non nocività della carne e dei salumi che arrivano sulla tavola degli italiani. La certificazione della provenienza, l’antibiotic-free e altre iniziative sono l’inizio di una risalita della sicurezza alimentare che richiederà molto tempo.

Massimo Di Braccio

Benessere e bellessere: così il domani di carni e salumi - Ultima modifica: 2020-03-02T09:00:18+00:00 da Redazione Meat