Capitolato Inalca per l’economia circolare

Un netto miglioramento per la qualità della carne bovina italiana grazie al nuovo protocollo Inalca (Gruppo Cremonini) applicato nei propri allevamenti, da estendere gradualmente anche ai 15mila fornitori dell’azienda. Un’operazione che sarà possibile con il contributo di Coldiretti che ha siglato con Inalca un accordo di filiera.

“L’economia circolare è nei nostri obiettivi -ha affermato Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Inalca-, un cambiamento che va nella direzione del miglioramento della zootecnia e dell’agricoltura, praticabile solo se si ha un approccio di filiera”. Il capitolato Inalca da solo non garantisce risultati, da qui la soddisfazione per questa alleanza con Coldiretti che crea un nuovo modello “su cui ci siamo confrontati anche assieme al primo ministro, Giuseppe Conte, che ha apprezzato questa iniziativa”, ha aggiunto Scordamaglia.

Tutto ha avuto inizio con un ricerca, avviata due anni fa, cui hanno contribuito la Regione Lombardia, Inalca nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020, l’Università di Milano – Dipartimenti di scienze veterinarie per la salute, la produzione animale e la sicurezza alimentare (Vespa) e di medicina veterinaria (Dimevet) – e la Fondazione Centro ricerche produzioni animali (Crpa) di Reggio Emilia.

Sono state analizzate due aziende di allevamento (Agricola Marchesina e Agricola Martinelli). Al centro della ricerca l’eccesso di consumo di antibiotici nell’allevamento bovino, per cui, in una azienda, è stato ampiamente ridotto, onde verificare variazioni di costi di allevamento e della qualità della carne. Il primo passo del progetto sarà la realizzazione di una banca dati per verificare gli effettivi consumi di antibiotici e definire obiettivi di miglioramento.

Giovanni Sorlini, responsabile Qualità, sicurezza e ambiente di Inalca ha spiegato: “Il consumatore oggi riconosce gli sforzi per migliorare la qualità: noi abbiamo già ridotto del 18% l’utilizzo di antibiotici negli ultimi due anni, e stimiamo un ulteriore abbassamento del 10% nel corso del 2020; un traguardo che verrà perseguito tramite l’applicazione estesa del protocollo e ulteriori azioni a difesa della salute degli animali, prima fra tutte la profilassi vaccinale”.

“Non si tratta di rispetto della normativa vigente, che è sottinteso, né bisogna diffondere l’idea che si possa allevare senza far uso di farmaci in modo assoluto, ma si tratta di dimostrare il valore di un nuovo strumento competitivo per pianificare investimenti e creare un valore che sia riconosciuto dal mercato”, ha aggiunto Scordamaglia.

Il nuovo protocollo per gli allevamenti di bovini da carne (vitelloni e scottone) quindi, supera ampiamente le prescrizioni di legge e copre l’assenza di una normativa specifica sul benessere animale nell’allevamento dei bovini da carne.

Riccardo Compiani, veterinario, ha aggiunto: “L’animale che sta bene, ha meno possibilità di ammalarsi, e quindi consente all’allevatore di usare meno famaci antibiotici; va poi considerato che un animale non riesce a esprime appieno il suo potenziale genetico se consuma farmaci”.

Carlo Angelo Sgoifo Rossi, professore dell’Università di Milano, ha fatto osservare nell’occasione che l’Italia è pioniera in questa sperimentazione: “Abbiamo scoperto che togliendo l’antibiotico di profilassi aumenta del 30% la possibilità di ammalarsi, ma non è un disastro apocalittico, perché l’evitare il trattamento di profilassi consente ai bovini di crescere meglio e più in fretta”. “Certo bisogna avere una zona specifica di adattamento quando arrivano nuovi animali, ma i bovini giungono giovani alla macellazione, con la mioglobina che dà alla carne un colore migliore, e un collagene più solubile, in grado di conferire maggiore tenerezza”.

Ovviamente questo significa maggiori costi strutturali a monte del processo di allevamento. Ma questa scelta ha bisogno di una comunicazione ampia. “Dobbiamo essere noi per primi a fare uno sforzo in questa direzione attraverso un’oggettivizzazione possibile solo con i dati di ricerca”, ha ribadito Scordamaglia.

Secondo Ettore Prandini, presidente Coldiretti, la chiave della comunicazione consentirà di affrontare la cattiva informazione, per un percorso di sostenibilità nel futuro: “Il consumo di carne è eccessivo negli Usa, con 150 kg a testa, ma non in Italia, dove siamo a 75 kg mentre è fondamentale negli adolescenti per la vitamina B12, che, se sostituita da farmaci, compromette gli organi fino a dare problemi a carattere neurologico”.

“L’Italia ha il 70% della biodiversità, un primato a livello mondiale, quindi la consapevolezza di questo è il primo elemento per un’agricoltura e un allevamento di livello; bisogna uscire da un meccanismo di contrapposizione tra soggetti della stessa filiera per dare una risposta ai consumatori con un’alimentazione corretta, e ricordarsi che i nostri modelli di consumo influenzano la spesa pubblica sanitaria”, ha concluso Prandini.

Il ruolo della distribuzione

Silvio Borrello, direttore generale della sanità animale e dei farmaci veterinari al ministero della Salute, è d’accordo: “L’utilizzo degli antibiotici deve essere prudente e responsabile, noi siamo pronti a lavorare con la filiera per fornire al consumatore dei prodotti di qualità”. Quindi il nuovo protocollo è uno strumento di analisi di gestione, ma Luigi Scordamaglia ha assicurato che la filiera sarà presto coinvolta nella sua interezza. Nei prossimi passi saranno chiamati in causa anche i rappresentanti del mondo distributivo, presenti alla firma dell’intesa con Coldiretti, destinati a diventare attori della successiva fase della ricerca, come lo sono nella filiera.

Il cammino Made in Italy di Inalca

Intervista all’amministratore delegato Luigi Scordamaglia che attraverso l’allevamento progetta un rilancio di territori del Sud all’insegna della qualità

Era il 2015 quando Inalca (Gruppo Cremonini) acquisì la prima quota di partecipazione di Bonifiche Ferraresi. L’obiettivo era la sostenibilità nell’intera filiera di allevamento e lavorazione. Un percorso che oggi si palesa appieno con il nuovo protocollo siglato con Coldiretti, per applicare standard di eccellenza non solo ai propri allevamenti, ma anche ai fornitori.

Il primo obiettivo è giungere a un prodotto con garanzie di qualità e una consapevolezza sui costi di queste scelte per il benessere dell’animale. A lungo termine, invece, Luigi Scordamaglia, Ad di Inalca, vorrebbe arrivare anche a valorizzare il prodotto italiano in ambito europeo e internazionale associando ai prodotti i territori, raccontandoli con essi, come ci spiega in questa intervista.

Dove porteranno le ricerche illustrate alla firma del protocollo con Coldiretti, orientate al benessere degli animali negli allevamenti?

Il protocollo firmato con Coldiretti fornisce una risposta: abbiamo visto che due consumatori su tre, al momento dell’acquisto della carne bovina, si pongono il problema del benessere animale. Quindi vogliamo dargli delle indicazioni precise sul valore aggiunto della carne proveniente da un allevamento in cui si ha cura di questo aspetto. Per farlo però bisogna cominciare a monte, quindi questo protocollo aiuterà gli agricoltori e gli allevatori integrati nel sistema non solo a migliorare il benessere animale, ma soprattutto a renderlo misurabile. Poi, mettendo tutti i dati in un contenitore, si potranno certificare i miglioramenti, ma anche gestire meglio, complessivamente, la propria azienda. Quindi si tratta di un intervento che va dalla stalla alla tavola del consumatore.

Quale sarà il ruolo della grande distribuzione in questo ambito?

La grande distribuzione sarà il protagonista, nel senso che questa fase del progetto riguarda un sistema nuovo di miglioramento nella stalla, nel trasporto, ma è solo un presupposto per arrivare a garantire quei requisiti che la grande distribuzione già oggi chiede. È un sistema che non può che essere messo a disposizione della gdo.

Inalca ha avviato anche un progetto con Bonifiche Ferraresi per allevare carne 100% italiana. Come procede?

Questa è una parte dell’impegno di sostenibilità di Inalca impegnata anche nell’energia verde, nella riduzione dei consumi di acqua e delle emissioni di CO2, ma l’impegno più grande è proprio con questo contratto di filiera che passa per Coldiretti atto a rilanciare la produzione del “nato in Italia” per ripopolare di bovini e di famiglie che si dedichino all’allevamento di bovini alcune zone non valorizzate di Sardegna, Sicilia e Calabria.

Letizia Strambi

Capitolato Inalca per l’economia circolare - Ultima modifica: 2020-02-17T09:00:09+00:00 da Redazione Meat