Da fast food a fast good: le hamburgerie sono premium

Si può riassumere in fretta l’evoluzione delle catene di hamburgerie, sempre più lontane dall’immagine cheap & junk food e sempre più improntate a un menu di qualità, con ingredienti locali e/o tradizionali, cucina espressa e piatti personalizzabili, in un ambiente più glam: da fast food a fast good. Dopo anni di attacchi in nome del vegan e dell’health, il fronte dei carnivori ha sferrato la sua controffensiva con una new wave di locali che offrono menu (quasi) interamente a base di carni di alta qualità. Risultato: secondo una recente ricerca condotta da Doxa per Deliveroo (presente in 12 Paesi a nel mondo con oltre 30.000 ristoranti aderenti), 97 italiani su 100 consumano abitualmente hamburger e nell’80% dei casi lo fanno almeno una volta al mese.

Secondo i dati raccolti da Deliveroo, l’Italia è al terzo posto nella classifica degli amanti dell’hamburger dietro solo a Regno Unito e Francia. Se l’hamburger in Italia è sbarcato direttamente dagli States, grazie ai colossi mondiali a stelle e strisce (McDonald’s è arrivato nel 1985, Burger King 20 anni fa), negli ultimi anni è però diventato anche un concetto italiano, perché preparato usando carni nazionali, inserendo ingredienti tradizionali e pani tipici. E reinterpretando l’hamburger gourmet, con il tartufo o il prosciutto crudo. Un processo che ha trasformato in artigianale e locale un prodotto per definizione industriale e globale, obbligando i grandi nomi multinazionali a cambiare l’offerta e ad alzare la qualità.

L’italianizzazione dell’hamburger cavalca il vissuto positivo della cucina tricolore da un lato e l’orgoglio nazionalista dall’altro, e accomuna sia i nuovi locali dedicati alla carne che stanno sorgendo in tutta Italia, sia le catene di burger in franchising, italiane o straniere che siano.

Il quadro della situazione non può che partire dai colossi del burger, con McDonald’s che, a oltre 30 anni dal suo arrivo nel Belpaese e a 51 anni dalla nascita del Big Mac, insiste sul suo impegno a selezionare il buono dell’Italia: dalla carne nazionale (quella di pollo è 100% made in Italy) alle ricette che usano ingredienti Dop o Igp (come la Cipolla rossa di Tropea, la Fontina o lo Speck Alto Adige), oggi racchiuse nella linea My Selection firmata da Joe Bastianich. Sono oltre 10 milioni i panini venduti solamente con la linea My Selection 2018 (a fronte di 130 tonnellate di prodotti Dop e Igp provenienti da tutta Italia), ossia la metà circa degli oltre 20 milioni di Big Mac divorati in un anno dagli italiani. L’ultimo step di queste grandi manovre di avvicinamento dell’hamburger agli italiani è il sondaggio online che ha consentito ai consumatori di scegliere le nuove ricette preferite da fare arrivare nei 600 McDonald’s di tutta Italia (ma l’obiettivo dichiarato è di aprirne almeno 30 l’anno dal 2019). In due settimane sono stati 200mila gli utenti del web che hanno votato due nuove versioni per il classico McChicken, sviluppate insieme a “Giallo Zafferano” e proposte in video (per ripeterle anche home made) sul sito internet.

La matrice orgogliosamente e dichiaratamente italiana ha accompagnato la nascita e lo sviluppo di diverse catene di hamburgherie gourmet, partite soprattutto dal Nord-Ovest. Come la torinese M**Bun (tre locali), che si è ispirata a Slow Food per il suo slogan Buono, sano e giusto e che ha sposato i valori del chilometro zero e della filiera corta: oltre il 92% degli acquisti viene effettuato direttamente e senza intermediari da fornitori piemontesi per garantire qualità e freschezza. O come Welldone (nata a Bologna nel 2013 e arrivata oggi a 14 locali), che utilizza carni provenienti da allevamenti responsabili e a filiera controllata, pani artigianali realizzati con farine biologiche e lievito madre, e materie prime di stagione. E ancora, Mama Burger (quattro locali a Milano) che propone una selezione di hamburger di qualità in uno spazio dallo stile underground.

Emblematica la presentazione di Ham Holy Burger (dieci locali) che, dieci anni fa, era nato con la vocazione di trasformare l’hamburger in un’eccellenza gastronomica 100% italiana: “Era considerato un cibo di serie B, mentre oggi è diventato un rito all’insegna della qualità: quanta strada abbiamo fatto per renderlo uno dei cibi più invitanti e gustosi del nostro Paese”.

Oggi non esiste città italiana che non abbia le sue hamburgherie cult e su internet fioriscono classifiche e recensioni. I nuovi locali hanno un’immagine costruita e ricercata, una comunicazione attenta e spesso venata di autoironia, e si rivolgono a un consumatore che ha sposato la filosofia slow ma vuole continuare a mangiare fast. L’evoluzione naturale è quella verso un casual dining all’insegna dei burger di qualità, come avviene nell’Hamburgheria di Eataly (quattro locali) che coniuga la qualità dei prodotti Eataly (a partire dalla carne piemontese de La Granda, dai prodotti dei Presidi Slow Food, da ingredienti biologici e da lavorazioni artigianali) con una ristorazione attenta e dai prezzi sostenibili, sempre garantita da una lunga e attenta ricerca. O come La Fassoneria che ha raggiunto gli 11 locali e che lavora solo carne da bovini di pura razza piemontese Fassona, certificati e garantiti dai 200 allevatori medio-piccoli della cooperativa Compral.

Contaminazione vincente

Oggi l’hamburger all’italiana ha contaminato anche i più classici format del fuoricasa nazionali, entrando nei ristoranti e nelle trattorie, come accade con il Burger Bar del ristorante milanese Al Mercato o con Polpa Burger Trattoria, dove si può scegliere tra 16 hamburger preparati con carne scelta italiana.

Fa gola a tanti

Tanto è appetibile il mercato italiano da fare gola ad altri colossi internazionali del deluxe burger. L’anno scorso è sbarcato a Roma The Good Burger (TGB), l’insegna del Gruppo Restalia, con oltre 141 locali in tutto il mondo, mentre si attende presto nella capitale Beefbar, insegna con otto ristoranti tra Parigi, Mykonos, Dubai, Hong Kong, Città del Messico.

Manuela Soressi

Da fast food a fast good: le hamburgerie sono premium - Ultima modifica: 2020-04-01T09:00:04+00:00 da Redazione Meat