Salumi in recupero con economics complicati

I salumi sono uno degli alimenti tradizionali e caratterizzanti della nostra identità agroalimentare. Il settore ha conosciuto anni difficili in corrispondenza della crisi economica e del mutamento delle abitudini alimentari, ma sta riprendendo un percorso di crescita grazie soprattutto all’export. Dalla lettura dei dati ufficiali di bilancio per il nostro campione, il valore della produzione infatti cresce nel 2017 del 1,8% andando a compensare il leggero calo dell’anno precedente. Il risultato è in piccola parte dovuto ai volumi che sono cresciuti marginalmente, ma è più legato, invece, alla crescita del mix di prezzo medio di produzione che si è poi ribaltato anche sui fatturati.

La vivacità, soprattutto di alcune aziende e la crescita complessiva del settore è molto legata alla strada dell’export visto che i volumi interni rimangono stabili o in leggero calo, nonostante i trend emergenti di prodotti più leggeri, salutistici e bio siano cavalcati da diverse aziende. Passando ai dati finanziari di sintesi, il settore presenta degli economics a dir poco “complicati”. È infatti in continuo calo la marginalità operativa e come risultato l’utile netto è ormai intorno all’1%. Questo dato anche nel confronto con altri settori produttivi dell’agroalimentare è decisamente basso e rappresenta una soglia molto difficile con cui convivere per aziende non efficienti o troppo esposte.

Il debito finanzario del settore è infatti importante, vicino al 50% del capitale e può creare situazioni difficili quando la crescita stenta come negli ultimi anni. Anche aziende di grandissima qualità, nome e tradizione possono incontrare difficoltà in questo contesto non facile. Nel campione non è infatti inclusa Ferrarini, uno dei big del settore sia in termini di dimensioni sia di notorietà, per la quale non era disponibile il bilancio 2017 in forma completa e che, a seguito di grossi problemi finanziari con un’esposizione con le banche importante, è stata nel 2018 al centro di interessamento e sostegno da parte di Cassa Depositi e Prestiti e Italmobiliare, che ne hanno rilevato quote importanti.

Il panorama competitivo è caratterizzato da una maggioranza di aziende (il 46%) con una dimensione compresa tra i 10 e i 25 milioni di euro e una presenza regionale. Il settore nel suo complesso presenta, però, un dato di concentrazione medio, grazie alla presenza di diverse aziende di grosse dimensioni. Oltre dieci aziende sono sopra i 100 milioni di euro. Le aziende di grandi dimensioni e di rilevanza nazionale e internazionale nel tempo sono cresciute affermando e facendo conoscere i loro prodotti e brand, ma anche allargando il portfolio e il campo di azione commerciale. Questo spiega la volatilità dei tassi di crescita spesso legata ad acquisizioni e accorpamenti.

Il leader in termini di dimensioni del settore è chiaramente Grandi Salumifici Italiani che nasce all’inizio degli anni 2000 dall’aggregazione industriale di diversi importanti brand italiani sotto la partnership commerciale fra Unibon (vicina alle Cooperative) e Senfter, storica azienda dell’Alto Adige. La strada della “strana coppia” emiliana altoatesina che aveva portato alla creazione del più grande polo del settore cambia però direzione nel 2018 con l’uscita di Senfter, l’acquisizione del 100% di Gsi da parte di Unibon e la creazione alla fine del 2018 di un nuovo grande gruppo agroalimentare di oltre un miliardo di fatturato fra Gsi e Parmareggio. Con questo nuovo ambizioso progetto la “food valley” trova un leader che somma le eccellenze del territorio emiliano. Vedermo se e come questo porterà a crescita ulteriore per il settore salumi.

Nel 2017 le prime dieci aziende per dimensione di vendite coprono il 39,6% del settore, un dato in leggera crescita rispetto al passato (39,0% l’anno precedente e 38,4% nel 2015). La concentrazione quindi tende ad aumentare nel tempo. Il periodo non certo facile ha prodotto un fenomeno di selezione, di concentrazione e in parte di accorpamento. I ricavi di vendita del settore crescono in ogni modo del 3,6% nel 2017 (valore anche superiore alla crescita del valore della produzione). Chiaramente il dato è molto difforme guardando a ciascuna azienda. Tra le Top5 del settore risulta stabile Grandi Salumifici Italiani; sono in crescita Beretta, Rovagnati e Citterio e in calo, invece, Fiorucci. Il cluster che cresce di più è quello dei Top10, soprattutto per la crescita importante registrata da aziende di produzione e distribuzione come Italia Alimentare (forte all’Estero) e B&G (più centrata sul territorio italiano).

Approfondendo come al solito l’analisi sulle aziende, suddividendole nei cluster CompScore di aggregazione competitiva, basati sulla comparazione relativa delle aziende in base ai dati medi di settore, possiamo evidenziare lo stato di salute competitivo del settore. Vi è un’unica azienda eccellente che si stacca nettamente dalle altre in termini di performance e vedremo successivamente essere un’azienda media, con un profilo fortemente regionale come tipologia di prodotti, ma aperto all’export. Parimenti vi è una sola azienda che possiamo definire critica. Le aziende che hanno maggiore difficoltà spesso abbinano esposizione finanziaria elevata e marginalità ridotte, un mix difficilmente sostenibile in un settore come questo.

Il settore, benché sia difficile, soprattutto a livello di marginalità, comunque presenta molte aziende in grado di comportarsi in modo adeguato. C’è sicuramente un elevato grado di competizione e necessità di efficienza per eccellere. Gli operatori che riescono a trovare spazi a valle (distribuzione, ristorazione, export) e a monte (produzione carni, accorpamenti strategici di brand e prodotti, efficienza produttiva) riescono a emergere e sviluppano trend positivi. Uno spazio aggiuntivo negli ultimi anni è sicuramente legato all’export che sta alimentando la crescita del settore e premia i produttori, i consorzi e i distributori più lungimiranti e capaci di interpretare le opportunità globali, portando i salumi italiani in tutto il mondo. Ad esempio Ibis-Italia Alimentare, l’azienda che cresce maggiormente nel settore, esporta in oltre 50 Paesi nel mondo.

Fra le aziende best performer indicate dall’analisi Compscore ritroviamo invece aziende medie e medio-grandi, ma non comprese tra le prime 20 per fatturato. Sul podio ci sono tre aziende fra i 45 e i 70 milioni di euro di fatturato, molto legate ai loro territori e che sono capaci di competere in questo settore coniugando buoni prodotti, solidità finanziaria e risultati di redditività ai massimi livelli del settore.

Sono classiche aziende familiari italiane accomunate da modelli gestionali eccellenti ed è interessante che propongano “territori” regionali diversi (San Carlo il Piacentino, Golfera la Romagna e Coati il Veronese) e che siano accomunate dal fatto di appoggiarsi su una solida base tradizionale cui hanno saputo nel tempo aggiungere concetti e strategie innovative che le hanno portate a crescere e ad avere ottimi indicatori di competitività.

Golfera parla non a caso di “nuovi sapori dal gusto antico” ed è stata molto attiva negli ultimi anni nello sviluppo di prodotti innovativi (Bio, Linea Vegetale) e nel sostegno di comunicazione connotando il brand Golfetta fra i prodotti gustosi e light al tempo stesso. Marketing e innovazione sono il suo marchio distintivo.

Fratelli Coati ha puntato sulla “lenta cottura a bassa temperatura”, un concetto molto attuale in tempi di “Masterchef “, di cultura gastronomica. E un connotato dei prodotti di alta qualità che consente di spuntare pricing e marginalità più elevate anche nel segmento del Cotto, molto combattuto, ma decisamente centrale per il settore.

L’azienda però davvero “eccellente” del settore cui nel 2017 CompScore assegna la performance competitiva più elevata è Salumificio San Carlo, una storica azienda del Piacentino fortemente radicata con il suo territorio con una produzione di eccellenza dei Dop tipici come la Pancetta coppata e il Salame piacentino.

San Carlo è un’azienda familiare, in cui ormai diverse generazioni della famiglia Muselli lavorano fianco a fianco e hanno impostato un percorso virtuoso di crescita graduale sfruttando da ultimo le opportunità offerte dall’internazionalizzazione. Un progetto che ha necessitato di diversi anni e che parte dalle certificazioni qualitative indispensabili per i mercati esteri, in particolare gli Stati Uniti che richiedono protocolli e anche spazi di stagionatura differenti.

I frutti della graduale crescita dell’export unita a un’attenta e oculata gestione economico-finanziaria hanno portato l’azienda a crescere con continuità e a posizionarsi su livelli di eccellenza in quasi tutti i kpi finanziari e di business.

In particolare la marginalità di San Carlo è molto elevata (Ebitda al 18,8%, e Utile netto all’10,8%) rispetto al settore e deriva proprio da una strategia che ha puntato sulla qualità, la specificità e regionalità dei prodotti (meno esposti al confronto prezzi di cotto e crudo) e, appunto, l’export verso gli Stati Uniti.

Maurizio Bonfante

Salumi in recupero con economics complicati - Ultima modifica: 2020-02-10T09:00:32+00:00 da Redazione Meat