A scaffale le tipologie derivanti da produzioni rispettose

Il reparto macelleria rappresenta un settore di estrema rilevanza per la Grande Distribuzione Organizzata, sia sul fronte competitivo che commerciale. Nella prospettiva dello shopper, le carni fresche costituiscono la seconda tipologia merceologica di maggior interesse nella determinazione del punto di vendita elettivo, dopo l’ortofrutta (fonte: indagine SgMarketing, 2015). Sul versante economico va, invece, segnalata la significativa incidenza delle carni sul sell-out di punto di vendita, prossima al 12% nel format supermercato (fonte: SgMarketing su dati di diversa provenienza) ed accompagnata ad un margine commerciale superiore di oltre 20 punti percentuali a quello medio di totale negozio (25% vs 21% circa). Ne deriva un contributo medio alla marginalità complessiva di punto di vendita che tocca quota 14%.

Analizzando, negli ultimi anni, l’andamento di mercato della categoria carne, si evince a partire dal 2017 una positiva inversione di tendenza. Dopo un 2016 in forte flessione (-4,0% sul 2015), la spesa per prodotti carnei delle famiglie italiane ha registrato, nei dodici mesi successivi, un rialzo del 3,0%, confermato dal +1,5% messo a segno nel 2018 (fonte: Ismea su dati Nielsen). Anche nel primo trimestre 2019 i numeri fanno ben sperare, con un +0,8% su base tendenziale. Nei periodi esaminati la crescita ha riguardato, di fatto, tutte e tre le principali tipologie merceologiche (bovine, suine, avicole). In particolare, le carni bovine hanno espresso un aumento della spesa, nel 2017, del 3,4%, seguito dal +2,1% del 2018 e dal +2,0% nel trimestre Gennaio-Marzo 2019. Le carni suine hanno sostenuto un incremento delle vendite a valore, nel 2017, del 2,7% e, dopo un 2018 in sostanziale stabilità (-0,2%), hanno incassato un ulteriore +1,2% nel primo trimestre 2019. Le carni avicole, infine, hanno conseguito un +3,9% nel 2017, un +3,0% nel 2018 ed un +1,8% nei primi tre mesi dell’anno in corso. Meno brillanti, seppur solo in un paio di casi negativi, gli andamenti misurati a volume. Passato un 2017 in crescita dell’1%, le carni bovine hanno evidenziato una situazione di stallo, a quantità, sia nel 2018 (+0,2%) che nel primo trimestre 2019 (+0,0%). In rialzo dell’1,4% nel 2017, le carni suine hanno sofferto una flessione a volume dell’1,8% nel 2018, a cui ha fatto seguito un nuovo incremento dello 0,6% nei primi tre mesi dell’anno. Da ultimo, stazionarie nel 2017 (+0,1%), le carni avicole sono scese in termini reali dello 0,8% nel 2018, con il segmento degli elaborati in significativa controtendenza, a +9,3%; nel periodo Gennaio-Marzo 2019 il trend tendenziale si è attestato a +1,5%. Il quadro delineato, più favorevole a valore che a volume, sembra suggerire una generale rimodulazione delle preferenze del consumatore verso scelte qualitative più attente (tagli, tipologie di animale, provenienza, razza, certificazioni, ecc.) e prodotti a maggior contenuto di servizio. A riprova del crescente orientamento della domanda verso referenze di carne a più elevato valore aggiunto, viene in aiuto il dato sulla dinamica delle vendite relative ai prodotti confezionati a peso imposto (ovvero con codice EAN), la cui incidenza sul sell-out di categoria supera di poco, oggi, il 14%: +9,7% a valore nel 2018; +10,5% nel primo trimestre 2019. Numeri a cui fanno da contraltare il +0,2% ed il -0,7% rilevati a parità di periodo per le carni vendute a peso variabile.

A fronte di uno scenario di mercato in evidente evoluzione, SgMarketing ha realizzato un’indagine trade, con l’obiettivo di comprendere strategie, opportunità e scenari di sviluppo prospettico del reparto macelleria nella moderna distribuzione. Condotta nei mesi di giugno e luglio 2019, la ricerca ha visto la partecipazione di 14 catene, espressione di una ponderata attestabile nell’intorno del 42%, con una distribuzione geografica articolata in 4 insegne nazionali, 5 operatori con rete commerciale concentrata al nord, 1 operatore attivo al centro-nord e 4 retailer con network di punti di vendita localizzato nelle regioni centro-meridionali del Paese.

I dati raccolti restituiscono performance complessivamente coerenti rispetto all’andamento registrato per la categoria carne dalle fonti statistiche ufficiali. Positive appaiono, infatti, le dinamiche rilevate nell’ultimo anno, a parità di rete, sui segmenti delle carni al naturale, degli hamburger, dei pronti a cuocere e dei prodotti ready to eat: il saldo tra gli operatori che dichiarano andamenti al rialzo e al ribasso si attesta, nell’ordine, a +14%, +86%, +71% e +50%. Solamente i cluster delle salsicce e degli spiedini/arrosticini mostrano segnali di stazionarietà.

Esaminando le previsioni formulate dai retailer intervistati in un orizzonte temporale a tre anni (2018-2021), trovano conferma, seppur con intensità differenti, i positivi risultati precedentemente espressi dagli hamburger, dai pronto cuoci e dalle referenze di carne cotta pronta per il consumo: il saldo calcolato sugli andamenti attesi è del +71% nel primo caso, del +93% nel secondo caso e del +100% nel terzo. L’aspettativa di medio periodo per le carni al naturale, le salsicce e gli spiedini/arrosticini denota, invece, un peggioramento, a fronte di uno spostamento della dinamica in terreno negativo: -43%, -29% e -7% il differenziale tra attese rialziste e ribassiste per i tre segmenti in potenziale sofferenza prospettica. In estrema sintesi, sulla base dei riscontri forniti dalle catene intervistate, sembra delinearsi, nel prossimo futuro, uno switch delle vendite orientato a premiare gli elaborati carnei di ultima generazione, a partire dagli hamburger nelle proprie innumerevoli declinazioni.

Nella visione dei distributori intervistati è possibile identificare alcune chiare linee d’indirizzo strategico funzionali a sostenere il futuro sviluppo del reparto macelleria. Emerge, in prima battuta, l’opportunità di inserire a scaffale linee di prodotti da bestiame allevato nel rispetto dei principi di benessere animale e di implementare gamme assortimentali premium, fattori entrambi valutati con un punteggio di 8,8 su una scala da 1 a 10. Un terzo tema dirimente fa riferimento all’ampliamento dell’offerta di pronti a cuocere e di referenze di carne ready to eat (8,6), nell’intendimento di offrire soluzioni pasto gradite al consumatore, grazie ad un focus spinto sull’innovazione di prodotto (8,5), supportato dalla specializzazione (8,3) e capacità dei fornitori di offrire maggior valore aggiunto (8,0). Un’ulteriore direttrice strategica delineata dai retailer coinvolti nell’indagine attiene, poi, alla dimensione della territorialità, intesa sia, in senso ampio, come introduzione di linee di prodotto da filiere 100% italiane (8,6), sia, in senso più stretto, come valorizzazione dei localismi (7,5). Altra area di presidio va ricercata nella riorganizzazione della comunicazione di reparto/prodotto (8,4), con la finalità di qualificare l’assortimento e lavorare sul posizionamento d’insegna. Si tratta di una linea d’indirizzo strategico dettata dalla presa di consapevolezza sulle potenzialità del “medium di comunicazione punto di vendita”, ambiente in cui il numero di visitatori nel giorno medio va dalle 1.300 persone per negozio nel caso dei supermercati (con una forbice da 600 a 3.500) alle 6.000 nel caso degli ipermercati (con un range da 4.000 a 19.000) (fonte: REM Lab Università Cattolica). Punto nodale in chiave di differenziazione competitiva e fidelizzazione, nel reparto carne, è, inoltre, rappresentato dallo sviluppo di gamme d’offerta a Marca Del Distributore (8,3), strategia con cui la catena può accrescere l’affidabilità ed il valore percepito dai clienti. Driver di qualificazione della proposta assortimentale sono anche i prodotti biologici (8,0), antibiotic free (7,9) e da allevamenti ecosostenibili (7,8), segmenti di categoria capaci di rispondere alla crescente domanda di sicurezza e salvaguardia ambientale dei consumatori. È interessante segnalare, da questo punto di vista, come l’incidenza media a valore delle carni biologiche sul sell-out del reparto macelleria sia più che raddoppiata in sette anni, passando dall1,1% del 2012 al 2,7% del 2018 (fonte: SgMarketing su dati di diversa provenienza). Un’ultima area di lavoro chiave evidenziata dai distributori intervistati è, infine, legata alla corretta gestione degli assortimenti in ottica di category management, attraverso un’adeguata razionalizzazione delle referenze complessivamente disponibili (7,8), funzionale a minimizzare le ridondanze, aumentare la leggibilità dell’offerta ed ottimizzare la profittabilità.

A fronte del quadro delineato, è possibile identificare tre punti focali nell’agenda dei retailer per il prossimo futuro: l’inserimento a scaffale di linee di prodotti da allevamenti a ridotto impatto ambientale (fattore citato dal 62% delle insegne rispondenti); l’investimento su fornitori capaci di esprimere innovazione utile a generare vendite incrementali per la categoria (62%); la riorganizzazione della comunicazione di reparto/prodotto, finalizzata ad elevare il percepito di categoria (54%). Due ulteriori “cantieri di lavoro” presenti nei programmi prospettici citati dalle insegne intervistate attengono, inoltre, all’introduzione di linee di prodotti funzionali, naturalmente arricchiti di nutrienti ad alta valenza salutistica (47%), e di referenze di carne da animali allevati esclusivamente con alimentazione vegetale (46%).

Nella visione dei retailer coinvolti nell’indagine emerge un chiaro ranking di priorità nei comportamenti improntati alla sostenibilità richiesti ai fornitori come premessa per sviluppare solide relazioni commerciali: svettano su tutti i metodi di produzione rispettosi del benessere animale e l’impiego di tipologie di packaging riciclabili/compostabili, valutati con punteggi superiori al 9 (rispettivamente 9,3 e 9,1). Altre dimensioni della sostenibilità giudicate di particolare rilevanza fanno, inoltre, riferimento all’utilizzo di metodi produttivi non inquinanti (8,4) e a ridotto bilancio energetico (8,1), così come alla capacità del supplier di comunicare al consumatore la propria adesione ad uno o più valori improntati alla responsabilità ambientale, sociale ed economica (8,1). Ad essi si aggiungono, infine, il riconoscimento di prezzi equi alla base agricola (7,9) e l’adozione di metodi e processi di gestione logistica orientati al miglioramento delle performance ambientali (7,9).

Per quanto riguarda gli strumenti di valorizzazione da attivare a sostegno del sell-out, spiccano, nella prospettiva dei retailer, la caratterizzazione degli spazi di vendita attraverso opportuni materiali POP (8,1) e la realizzazione di esposizioni preferenziali in-store per i prodotti a più alto valore aggiunto (8,0). Si conferma, dunque, il ruolo determinante del negozio, nella consapevolezza che ancora oggi il 44% delle decisioni d’acquisto, nel largo consumo, è preso davanti allo scaffale (Fonte: IRI). Altre leve di valorizzazione apprezzate sono, inoltre, legate ad azioni di micromarketing mirate sui possessori di carta fedeltà (7,9), ad attività di marketing digitale (7,8) e all’impiego di media above the line classici, come televisione e radio (7,4). Si tratta di evidenze di tutto interesse, che denotano l’acquisita convinzione, fra i distributori, sull’importanza della personalizzazione promozionale, così come di un’efficace presenza online. Un ultimo strumento di qualificazione dell’offerta di potenziale efficacia, nella visione delle insegne intervistate, è, infine, rappresentato dallo show cooking (7,2), meccanica di promo-comunicazione finalizzata ad ingaggiare lo shopper secondo logiche di edutainment, elevandone l’esperienza di visita e acquisto a punto di vendita.

L’efficacia dell’assortimento

I retailer coinvolti nell’indagine ritengono adeguatamente coperte, in generale, le esigenze del consumatore all’interno dei principali segmenti d’offerta presenti nel reparto macelleria, soprattutto per ciò che riguarda le carni bovine (8,6), le carni avicunicole (8,4) ed i prodotti di carne elaborata a Marca Del Distributore (8,5). Pur spuntando punteggi positivi, relativamente meno efficaci appaiono, per contro, gli assortimenti disponibili nei cluster delle carni suine (7,2) e dei prodotti-servizio a marca dell’industria (7,4). Due aree di lavoro, queste, su cui riflettere ed intervenire opportunamente.

Il ruolo della comunicazione

Sul fronte della comunicazione di reparto e di categoria, i contenuti considerati di maggior efficacia dai player distributivi attengono alle sfere della salubrità e dell’animal welfare, con gli opportuni approfondimenti sulle modalità di allevamento e alimentazione del bestiame; aspetti che conseguono un punteggio pari a 8,8 su scala 1-10. Altri elementi d’interesse prioritario sono, inoltre, rappresentati dalla valorizzazione in chiave comunicazionale dell’area dedicata ai prodotti-servizio (8,6), dall’enfasi sulle caratteristiche di naturalità delle referenze in assortimento (8,5) e dalle indicazioni sui principi di rispetto ambientale seguiti in fase di allevamento (8,5). Anche l’illustrazione del legame fra prodotto e relativo territorio di produzione (8,4) e la narrazione delle caratteristiche organolettiche distintive dei prodotti (8,4) costituiscono contenuti di comunicazione potenzialmente in grado di qualificare la proposta assortimentale di categoria agli occhi dello shopper.

Salvo Garipoli e Raffaello Bernardi

A scaffale le tipologie derivanti da produzioni rispettose - Ultima modifica: 2020-03-06T09:00:56+00:00 da Redazione Meat