La filiera avicola italiana un’eccellenza made in Italy dall’allevamento alla tavola

L’Italia è al sesto posto fra i Paesi produttori di carni avicole dopo Polonia, Francia, Regno Unito, Germania e Spagna, e al quarto posto per la produzione di uova (dopo Francia, Germania e Spagna). Anche nel 2018 il settore ha confermato il suo primato di autoapprovvigionamento, risultando nel complesso autosufficiente al 106,6%: nello specifico, infatti, in Italia viene prodotto il 103,2% delle carni di pollo consumate nel nostro Paese e il 121,2% delle carni di tacchino.

Il consumo di carni avicole e di uova è stabilmente tra i primi posti nelle abitudini alimentari degli italiani. Nel 2018 sono stati prodotte 1,314 milioni di tonnellate di carni avicole e 12,253 miliardi di uova. L’anno scorso gli italiani hanno consumato circa 20,4 kg pro capite di carni bianche e 208 uova.

In Italia sono attivi 6.300 allevamenti professionali con il coinvolgimento quotidiano di 64mila addetti.

Da 60 anni nel nostro Paese i polli e i tacchini sono allevati a terra e non in batteria, in genere all’interno di ampi capannoni, nel rispetto delle norme europee e italiane – le più rigorose al mondo – che stabiliscono parametri tali da consentire all’animale di avere comportamenti naturali: clima, illuminazione, densità di allevamento. Negli allevamenti italiani il menu degli animali è composto da mangimi ottenuti da materie prime come cereali (mais, orzo, sorgo e grano) e soia, addizionati con la giusta proporzione di oli e grassi, integratori vitaminici e sali minerali.

Negli allevamenti biologici, i mangimi sono invece ottenuti da coltivazioni certificate bio.

La filiera avicola italiana è il fiore all’occhiello del made in Italy agroalimentare, soprattutto per la forte integrazione fra le sue differenti fasi, dagli incubatoi all’allevamento, dal ritiro alla trasformazione, fino alla distribuzione e alla logistica. Le aziende che oggi guidano il settore sono nate negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento come imprese dell’allevamento e della mangimistica: in seguito hanno esteso la propria attività alle fasi successive della filiera, per rispondere efficacemente alle richieste della grande distribuzione organizzata. Questa caratteristica ha permesso di sviluppare in modo efficace elementi qualificanti del settore come la tutela della sicurezza alimentare, del benessere animale, della biosicurezza e di diffonderli su ampia scala all’intera filiera.

A differenza di quanto sostengono alcune fake-news, con le carni bianche non c’è rischio di trovare ormoni e antibiotici nel piatto. La legge italiana (ed europea) proibisce infatti l’utilizzo di sostanze come gli ormoni che stimolano la crescita degli animali.

Inoltre, data la durata relativamente breve del ciclo produttivo delle specie avicole, l’utilizzo di tali sostanze non avrebbe alcun effetto, anzi, risulterebbe antieconomico per l’allevatore. Anche l’uso degli antibiotici come promotori di crescita nell’Unione europea è vietato dal 2006 (a differenza dei Paesi extra Ue).

Circa l’uso degli antibiotici, poi, gli allevatori italiani rispettano sempre il tempo di sospensione, cioè l’intervallo necessario perché l’animale smaltisca il farmaco prima di essere avviato al consumo.

Un rispetto confermato anche dai risultati negativi dei controlli effettuati periodicamente dal ministero della Salute: i risultati più recenti dell’attività di sorveglianza indicano per il settore avicolo comportamenti assolutamente virtuosi. Nel 2017, nell’ambito del Piano nazionale per la ricerca dei residui (Pnr) di sostanze farmacologicamente attive e contaminanti negli animali oggetto di allevamento e prima trasformazione, il ministero della Salute ha analizzato 8.548 campioni di carni avicole senza trovarne alcuno anomalo.

L’integrazione della filiera e la cura per il benessere animale assicurano che gli animali da reddito siano allevati nel rispetto delle loro esigenze micro-ambientali, alimentari, etologiche: animali in condizione di benessere, oggetto di un’adeguata profilassi diretta (vaccinale) e indiretta (norme di biosicurezza, quali barriere all’ingresso di organismi nocivi), avranno meglio preservata la propria salute e richiederanno, di conseguenza, minori interventi terapeutici.

Per questo motivo, sicurezza alimentare e benessere animale appaiono, sotto un certo profilo, interconnessi.

Dal punto di vista delle proprietà nutritive sono medici, pediatri e dietisti a concordare sul fatto che le carni bianche sono un perfetto alleato per la salute e il benessere fisico a ogni età e per qualsiasi stile di vita, nell’ambito di un regime alimentare equilibrato. Non è un caso, infatti, che la carne di pollo sia raccomandata dagli esperti: se prendiamo in considerazione il contenuto proteico, a seconda del taglio che preferiamo, scopriamo ad esempio che l’ala ne contiene 17 grammi (per 100 g di parte edibile), così come le cosce di pollo, la parte più ambita anche per il gusto delicato e succoso. Il classico e amato petto di pollo di proteine ne contiene 23 grammi, ma il pollo intero non è da sottovalutare con i suoi 19 grammi.

Pollo e tacchino, poi, sono anche tra le carni meno grasse. E quei pochi grassi presenti sono del tutto favorevoli alla salute: il rapporto tra acidi grassi insaturi (quelli “buoni”) e saturi è di 0,92 nel petto di pollo, molto vicino al valore 1 consigliato. Il valore del colesterolo è di soli 60 mg, decisamente inferiore rispetto ad altre proteine animali.

La quantità di proteine e grassi presenti nel pollo, e in generale nelle carni bianche, rendono i tagli avicoli magri e con un giusto valore energetico: 100 kcal per 100 grammi di petto di pollo, 104 kcal per 100 grammi di fesa di tacchino, 132 kcal per 100 grammi di coscia di pollo con pelle. In più, le carni di pollo hanno un buon contenuto di vitamine e di minerali come rame, ferro, zinco, in linea con quanto presente in altri tipi di carni.

Un’associazione per carni e uova

Unaitalia -l’associazione di categoria che promuove le filiere agroalimentari italiane delle carni e delle uova e rappresenta oltre il 90% dell’intera filiera avicunicola nazionale- lavora a manuali di buone pratiche operative sia in incubatoio, sia in allevamento e promuove occasioni di sensibilizzazione attraverso i corsi per gli allevatori di pollo da carne che necessitano di formazione per il benessere in allevamento. L’associazione ha inoltre proposto e realizzato, in collaborazione con Sipa (Società italiana di patologia aviare), un piano di uso razionale del farmaco negli allevamenti: a partire dal 2011 il settore avicolo italiano, a cui tuttavia già si attribuiva meno di un quarto del totale degli antibiotici venduti nel settore zootecnico, ha ridotto l’uso dei farmaci negli allevamenti, con risultati dell’82% in meno per il pollo e del 75% in meno per pollo e tacchino. Un importante traguardo raggiunto grazie all’attivazione dal 2013, su base volontaria, del piano nazionale per la razionalizzazione dell’uso di antibiotici, il più importante intervento organico di riduzione e razionalizzazione dell’uso del farmaco in ambito zootecnico in Italia. Un piano molto ambizioso, fatto proprio dallo stesso ministero della Salute ed emanato nel luglio 2015.

a cura di Unaitalia, Unione nazionale filiere agroalimentari italiane delle carni e delle uova

La filiera avicola italiana un’eccellenza made in Italy dall’allevamento alla tavola - Ultima modifica: 2020-02-05T09:00:40+00:00 da Redazione Meat