Le virtù della carne

Carne sì, carne no? Quanto è importante la carne per una dieta equilibrata? Qual è l’impatto ambientale degli allevamenti? A queste e ad altre domande ha cercato di rispondere il libro “La Sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia”, realizzato dall’Associazione carni sostenibili e presentato a Bologna in collaborazione con Ana – Accademia nazionale di agricoltura. Carni Sostenibili è un progetto promosso da tre associazioni di categoria, Assocarni, Assica e Unaitalia, rappresentanti tutte le filiere delle carni in Italia (bovino, suino e avicolo), che ha l’obiettivo di trattare in modo trasversale l’insieme degli argomenti legati al mondo delle carni.

Un progetto che, con un approccio formativo, vuole contribuire ad una informazione equilibrata su salute, alimentazione e sostenibilità. Tutte le informazioni sono infatti disponibili su www.carnisostenibili.it.

Analizzare la sostenibilità delle carni e dei salumi vuol dire studiare nel modo più oggettivo possibile diversi argomenti che riguardano sia il consumatore, sia la produzione zootecnica. Il libro presenta uno studio interdisciplinare per descrivere i cinque volti della sostenibilità delle carni, rappresentati da altrettanti capitoli: la nutrizione, l’impatto ambientale e l’economia circolare applicata agli allevamenti e all’industria, la sicurezza alimentare e il benessere animale, gli aspetti economici delle filiere e la lotta allo spreco del cibo. Un testo di facile lettura, nonostante la complessità di alcuni degli argomenti trattati, in cui sono affrontate in modo rigoroso tematiche molto care all’opinione pubblica, spesso banalizzate in luoghi comuni se non trasformate in vere e proprie fake news.

Qualche esempio? La carne e la dieta nei Paesi mediterranei, i consumi reali di carne in Italia e nel mondo, l’utilizzo di antibiotici sugli animali, il rapporto tra carne e alcune malattie; o ancora, vista tutta la disinformazione che circola sulla questione, cosa hanno detto davvero Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) e Oms sulle carni rosse e trasformate; e, ovviamente, l’impatto ambientale degli allevamenti.

Si scopre così che la zootecnia non è la principale causa di emissioni di gas serra nell’atmosfera: ad esempio, un solo volo a/r da Roma a Bruxelles genera emissioni maggiori rispetto al consumo annuo di carne e salumi di un solo individuo che si alimenta secondo le indicazioni dei nutrizionisti (500 kg vs 400 kg di CO2 equivalente). “Non salveremo il pianeta rinunciando alla carne -afferma Ettore Capri, professore ordinario di Chimica agraria all’Università Cattolica del Sacro Cuore-. Le emissioni di gas serra relative alla produzione zootecniche, carne, latte e uova, pesano, infatti, per il 14% di tutte le emissioni, di cui solo il 10% attribuibile alle sole carni bovine, suine e avicole. Generalmente si omette di dire che il 65-70% deriva dai combustibili fossili utilizzati per i trasporti e per produrre energia. È importante sottolineare che l’Italia vanta uno dei modelli zootecnici più sostenibili del pianeta anche grazie all’impegno nel promuovere le buone pratiche”.

“La sfida delle produzioni zootecniche è diventata quella di produrre di più con meno risorse -spiega Giuseppe Pulina, agronomo e professore ordinario di Zootecnica speciale all’Università di Sassari e presidente di Carni Sostenibili-. L’obiettivo che il settore delle carni deve affrontare, oggi, è quello di una maggiore offerta sostenibile che sappia garantire una produzione efficiente, attenta all’ambiente e al benessere degli animali, degli allevatori e di tutti coloro che partecipano alla creazione del valore delle filiere italiane”.

Dopo una fase di espansione, l’adesione alla visione vegetariana appare in rallentamento (dal 3% 2017 allo 0,9% 2018 – Fonte Dati Eurispes): la scelta di rinunciare alla carne crea infatti scompensi nutrizionali, soprattutto nelle categorie più fragili della popolazione, bambini e anziani. “Riguardo allo stop dei vegetariani -aggiunge Pulina-, la cui percentuale è in discesa fra i consumatori, basta fare un excursus della storia dell’alimentazione umana fin dagli albori della storia dell’uomo per capire quanto la carne sia un nutriente fondamentale e indispensabile. L’evoluzione della dieta e quella della cottura dei cibi sono infatti due elementi fondamentali dell’evoluzione umana. Dopo la scoperta del fuoco è stata proprio la dieta carnivora a confermare il primato della nostra specie su altre, consentendoci uno sviluppo fisico e cerebrale senza pari, rispetto agli altri mammiferi”.

“Il ruolo della carne e delle proteine animali, all’interno di una dieta sana ed equilibrata, è essenziale in ogni fase della vita: dalla gravidanza della donna, alla crescita dei bambini fino alla terza età per mantenersi in forza e attivi -afferma Elisabetta Bernardi, nutrizionista, biologa con specializzazione in Scienza dell’alimentazione e docente all’Università di Bari-. I consumi italiani pro capite sono sotto la soglia di rischio dei famosi 500 grammi di carne a settimana. A tal proposito la monografia pubblicata dallo Iarc, lo scorso giugno, a tre anni di distanza dalle anticipazioni allarmistiche pubblicate dalla rivista scientifica Lancet nel 2015, ha evidenziato che su 800 studi presi in considerazione, solo 14 sono stati giudicati attendibili e di questi solo 7 hanno messo in relazione un eccessivo consumo di carni rosse con il tumore al colon retto. Gli studi epidemiologici considerati dallo Iarc, prendono in considerazione un consumo quotidiano di carne rossa in dosi molto superiori a quelle che consumiamo abitualmente: parliamo di 500 grammi di carne cotta a settimana, l’equivalente di 800 grammi di carne cruda. Una soglia che ci fa stare tranquilli, perché in Italia tra pasta e verdure è impossibile raggiungere quote così alte di carne”. Per quanto riguarda i fattori di rischio per la salute, una dieta ricca di carne si posiziona solo al 12° con 1,37 morti ogni 100.000 persone in una classifica che vede al primo posto il fumo, con 147 morti ogni 100.000 persone, seguito dal consumo di alcool (67/100.000), da una dieta povera di cereali integrali (55/100.000), da una dieta povera di frutta in guscio (39 morti su 100.000 persone), una vita sedentaria (34/100.000), una dieta povera di ortaggi (27/100.000) e altri comportamenti ad “alto rischio” per la salute (Fonte: Institute for Health Metrics and Evaluation GBD – Global Burden Deaseas – 2016).

All’interno del libro, La Sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia, la prospettiva per valutare gli impatti del settore nel nostro Paese è guidata da parametri oggettivi e su cui esiste consenso scientifico allargato. È il caso, per esempio, della “Clessidra ambientale”, uno strumento che valuta gli impatti degli stili di vita alimentare dal punto di vista della sostenibilità.

La Clessidra Ambientale, ottenuta dalla moltiplicazione dell’impatto ambientale degli alimenti (per semplicità il Carbon Footprint) per le quantità settimanali suggerite dalle linee guida nutrizionali Inran, ora Crea, mostra graficamente che se si seguono i consigli di consumo suggeriti dal modello alimentare della dieta mediterranea, l’impatto medio settimanale della carne risulta allineato a quello di altri alimenti, per i quali gli impatti unitari sono minori, ma le quantità consumate generalmente maggiori. “La Clessidra ambientale rappresenta il carbon footprint degli alimenti consumati in una settimana -dichiara Massimo Marino, ingegnere ambientale e amministratore di LCE- e dimostra che un regime alimentare equilibrato è positivo sia per la propria salute che per l’ambiente”.

Una dieta equilibrata

La carne e i suoi derivati sono da sempre tra i prodotti alimentari più importanti per la nutrizione umana. È indubbio che il consumo di carne abbia svolto un ruolo chiave nello sviluppo della civiltà umana. Lo sviluppo del cervello e delle sue funzionalità è stato possibile solo grazie a una dieta onnivora, che ha garantito molta energia e nutrienti specifici, tipici della carne e del pesce. L’apparato digerente dell’uomo è tipicamente onnivoro, in quanto ha sviluppato funzionalità ed enzimi utili all’assimilazione di alimenti animali e vegetali. Proprio lo sviluppo del cervello e della socialità connessa con le pratiche relative alla caccia ha contribuito all’evoluzione dell’intelligenza, allo sviluppo del linguaggio e delle capacità di pianificazione, cooperazione e socializzazione.

Sostenibile perché circolare da sempre

Rispetto ad altri settori industriali, quello agroalimentare è certamente il più complesso perché è condizionato dalle molte interazioni tra diverse filiere produttive che sono sostanzialmente integrate in un modello che si può definire circolare. Questo termine, usato non a caso, è oggi sempre più attuale. Una delle principali sfide per la sostenibilità dei sistemi industriali è, infatti, quella di modificare il modello di crescita da lineare (estrazione delle materie prime, trasformazione e smaltimento dei rifiuti) a circolare massimizzando quindi il riutilizzo e il recupero degli scarti. L’economia circolare è un approccio che gli agricoltori e gli allevatori conoscono molto bene perché una delle caratteristiche che regola il buon funzionamento di una fattoria è proprio l’integrazione tra molte attività: la paglia che rimane dalla coltivazione dei cereali è spesso usata per gli animati (come cibo o nelle lettiere), mentre le deiezioni costituiscono un valido aiuto nella concimazione dei terreni. Il settore delle carni e dei salumi contribuisce certamente a questa circolarità: molti sottoprodotti generati durante la produzione alimentare, sia in campo sia nei processi di trasformazione, hanno come destino principale il mangime animale. Si può osservare come l’allevamento dei bovini sia uno dei sistemi più articolati e circolari che esistano in quanto dalla cosiddetta filiera vacca-vitello si producono la carne, il latte, la pelle e moltissimi dei coprodotti generati nella fase di macellazione sono destinati ai più svariati utilizzi. ln quest’ultimo campo, la ricerca e l’innovazione industriale sono certamente importanti per massimizzare la possibilità di riutilizzo. Uno degli esempi più famosi è quello dell’abomaso del vitello (lo stomaco ghiandolare; ndr) che vien utilizzato per la produzione di caglio naturale ed è a tutt’oggi considerato il migliore dal punto di vista qualitativo per la produzione di tutti i formaggi DOP. Queste caratteristiche di integrazione e circolarità devono essere considerate anche quando si calcolano gli impatti ambientali. La corretta attribuzione degli impatti deve infatti seguire opportune regole di allocazione che permettano di ripartire ai vari prodotti i relativi carichi ambientali. ln altre parole, fatto 100 l’impatto dell’allevamento di una vacca quanto di questo deve essere attribuito alla carne della vacca? Quanto a quello dei vitelli generati? Quanto a quello del latte? E al letame usato come fertilizzante?

(Fonte: La sostenibilità delle carni e salumi in Italia)

Aumento di peso e altezza

Dalla seconda metà dell’800, la disponibilità di carne e di altri alimenti nobili ha contribuito all’aumento di peso e di altezza della popolazione italiana che fino a quel momento aveva sofferto di una generalizzata carenza nutrizionale. ln generale, una dieta equilibrata che comprende alimenti sia di origine animale che vegetale favorisce la crescita armonica, ma togliere una qualsiasi delle sostanze nutritive essenziali impedisce al corpo di crescere: la sola carenza di ferro durante i primi anni di vita e lo sviluppo può portare a una ridotta crescita staturale e a una riduzione del quoziente intellettivo di un ragazzo rispetto al suo potenziale.

(Fonte: La sostenibilità delle carni e salumi in Italia)

La Clessidra ambientale

Una corretta alimentazione prevede un consumo equilibrato di tutti gli alimenti disponibili. Se si seguono i consigli di consumo suggeriti dal modello alimentare della dieta mediterranea, l’impatto medio settimanale della carne risulta allineato a quello di altri alimenti, per i quali gli impatti unitari sono minori ma le quantità consumate generalmente maggiori. Questo è il concetto rappresentato dalla Clessidra Ambientale, ottenuta dalla moltiplicazione dell’impatto ambientale degli alimenti (per semplicità il Carbon Footprint) per le quantità settimanali suggerite dalle linee guida nutrizionali Inran 2003, ora Cra-Nut. Mangiare carne in giusta quantità non comporta un aumento significativo dell’impatto ambientale di un individuo. Lo stile di vita sostenibile si misura con scelte a tutto tondo (mobilità, energia e così di seguito).

Massimo Gianvito

Le virtù della carne - Ultima modifica: 2020-04-27T09:00:53+00:00 da Redazione Meat